martedì 16 novembre 2010

sciocchezze studentesche

seeee...
ci credo, studenti pacifici si trovano "per sbaglio" o "per colpa della polizia" in mezzo alla carica, quante volte l'ho sentita....
leggete e apprezzate come i fatti pajono piegati alla bisogna

da gazzettino.it

CARICA DELLA POLIZIA
MANIFESTAZIONE
DEGLI STUDENTI
Dopo aver aderito alla manifestazione di martedi scorso non come organizzatori, ma intervenendo ad essa come partecipanti, perchè indignati dalle politiche del governo e dall’utilizzo mediatico fatto degli alluvionati da certi politici, vogliamo sottolineare quanto segue in merito all’uso della violenza ingiustificata da parte delle forze dell’ordine su studenti, ricercatori e cittadini che nell’occasione si erano raccolti in strada.
Eravamo all’incrocio tra via S. Francesco e Riviera Ponti Romani quando, pur seguendo le indicazioni della polizia e mantenendo la distanza dal cordone delle forze dell’ordine, siamo stati caricati con violenza. Nelle concitate fasi seguite alla carica un ragazzo è stato preso per il collo e sbattuto contro un tram in sosta. Il petardo di cui si è parlato sui giornali e telegiornali è stato lanciato dopo l’ultima carica, e non può dunque essere utilizzato come scusa valida per le violenze. Nessuno dei partecipanti è riuscito a riconoscere l’autore del gesto, che è scappato subito dopo.
Troviamo scandaloso che la polizia abbia caricato un corteo pacifico di studenti, molti dei quali nei giorni precedenti si sono mobilitati come volontari nelle zone alluvionate e che per questo sono anche stati ringraziati pubblicamente dal Presidente Napolitano.
Associazione Studenti Universitari

domenica 7 novembre 2010

senza fini

grande show di fini.
coraggioso, esplicito e chiaro... o no?
a ben vedere, NO!
ma almeno tra i suoi ormai e' tutto chiaro? e invece NO!
allora, fini dice che berlusconi deve dimetersi, ma scusa non esiste uno strumento chiaro e consolidato per mandare a casa un governo? la sfiducia, ebbene, si voti una mozione.
ma c'e' un problema, la sfiducia da nome e cognome a chi sostiene o fa cadere il governo, troppo peso per l'esile fini?
no, ci spega bocchino, deve andare berlusconi a dimettersi perche' e' il popolo che sceglie.
cosa non torna in questa frase? che il popolo ha scelto gia', se si vuole che scelga si vada votare, ma non si dica poi che bisogna fare un governo tecnico, che il popolo non sceglie.
la costituzione da al Presidente della Repubblica il titolo per incaricare un premier o sciogliere le camere, sempre, non nei giorni pari, tantomeno solo nei gionri in cui parla fini, allora se e' il popoolo che sii voti se e' il Napolitano che si sfiduci il governo e ci si affidi a Napolitano, non si puo' fare un po' e un po'.
ma i piu' belli sono i perini, i granati o i ronchi, ebbene questi sono stufi di essere burattini e vogliono essere liberi, ma si sentono liberi solo sotto padrone, infatti seguono fini fuori dal msi, dentro in an, poi dentro il pdl, fuori il pdl, ovunque, con grande o piccolo entusiasmo ma sempre fedeli, come tanti bei cagnolini dietro al pranzo, o meglio, topolini dietro il pifferajo.
eppoi ci sono le citazioni identiche a veltroni, l'incipit del discorso simile a veltorni, i principi ricopiati dal pd, che sia un modo di fare l'inciucio?
per chiudere un piccolo accenno all'opposizione, dov'e'?
son li' a sperare che fini si decida, e fini, ovviamente, non decide, prende per i fondelli loro come sta prendendo per i fondelli i suoi (EX)elettori.
il bello e' che ora fini e' diventato europeo, civile, s'e' "normalizzato", per tutti i sinistri che fino a ieri lo ritraevano col fez in capo, poi domani, son sicuro, gli rimetteranno il fez.

lunedì 11 ottobre 2010

quando lipotesi e' sbagliata...

quando lìipotesi e' sbagliata, una tesi, per quanto logorroica e nojosa sia mla spiegazione non puop' che essere sbagliata.
lo dimostra (involontariamente) con sapiente sperpero di parole il maestro scalfari che inzia cosi' il suo editoriale sul giornale d'opposizione:

LE CELEBRAZIONI dell'unità d'Italia che avranno il loro culmine nel marzo dell'anno prossimo hanno riportato all'attualità la storia del Risorgimento. Libri, spettacoli, film di ampio respiro, confronto di idee e d'interpretazioni. Ma dietro quest'apparenza c'è una più sostanziosa motivazione che spiega il "revival" risorgimentale ed è il problema del federalismo, fiscale e istituzionale.

mi vien da chiedermi quali siano questi libri, spettacoli e film d'ampio respiro che riportano in auge il sentimento risorgimentale... mah... saranno i suoi?

per chi volesse perdere un po' del suo tempo il link

mea culpa

da repubblica.it, il mea culpa di bersani, come certi studenti ha avuto bisogno di ripetere le (e)lezioni piu' volte per capire, ma alla fine, non si sa se convintamente o amemoria, recita:

Quanto a Berlusconi il capo dei Democratici prima attacca: "Chi in democrazia direbbe 'ghe pensi mi?' Ci trascina in una deriva populista e plebiscitaria che rischia di portare l'Italia fuori dalle democrazie occidentali". Poi però fa autocritica: "Il Cavaliere è un osso duro non una macchietta come è stato considerato da qualcuno. Lo abbiamo sottovalutato".

bandiamo l'italiano

da repubblica.it

beh il segretario ad interim del pd bersani bandisce l'italiano, sia dal primo posto epr lla lista di possibili condidati del centrosinistar che dalle sue frasi:

... il segretario prima scherza: "Speriamo CHE NON SI LIBERA Obama...

"Comapgni di scuola

ennesima dimostrazione dell'incivilta' degli studenti sciperanti contro la riforma, a sostegno di una scuola che imbarbarisce e diseduca

"compagni" di scuola

la fine della poltiica

dal corriere di oggi l'editoriale di Ostellino:

la fine della politica

giovedì 9 settembre 2010

bocchinate

come stravolgere le cose e mantenere la faccia seria?
impariamo tutti dal bocchino.


Bocchino in studio a Repubblica tv
"Fli al 7,2%, in arrivo un altro deputato"
Il capogruppo di Futuro e libertà ospite di Repubblica Domanda. "A logorare il premier non siamo noi, ma la Lega". "Legge elettorale solo con ampia maggioranza". "Si parla della casa a Montecarlo, e non di Schifani". "Tg1 ormai è intollerabile" di FRANCESCO FASIOLO

contestazione e squadrismo

fa ridere.
se qualcuno pensa di andare a contestare fini ma poi non lo fa e' uno squadrista, se uno fischia schifani e' un atto legittimo, se uno cerca di incendiare il segretario della cisl e' un ragazzo esuberante.
ma fatemi il piacere, in galera i centri sociali, magari nella stessa cella dei fascisti, e poi scommesse come per i galli nel pollaio.

lunedì 6 settembre 2010

secondi fini (2)

il piede in 2 staffe?
vorrei ma non posso?
quale potrebbe essere delle 2 sopra la sintesi del discorso di fini?
forse di piu' la seconda.
fini si lamenta della sua espulsione, ma finche' era lui a potare i rami troppo forti del suo partito andava tutto bene?
gasparri, storace, alemanno, tutti potati in AN se alzavano troppo la testa, tutti a lamentare la mancanza di democrazia interna, e fini a far lo gnorri, ora che tocca a lui 8e per motivi molto piu' gravi) se ne scandalizza, e no caro fini, hai saltato le ultime due campagne elettorali sperando che berlusconi perdesse e se ne andasse, hai fatto la figura del pavido, sei stato estromesso proprio per la tua assenza in campagna elettorale e ora vuoi comunque i riflettori?
no no, fuori, traditore.
le giuste contromisure?
secondo me il voto, fini spazzato via, di riflesso la sinistra ringiovanita (magari con Vendola) e una lega ancor piu' forte, e tutto grazie al rinfanciullimento di fini.

giovedì 19 agosto 2010

lunedì 2 agosto 2010

la fuga di fini

da corriere.it
Il conflitto da evitare
LO SPETTRO DI UNA CRISI ISTITUZIONALE
Il conflitto da evitare Con l’espulsione di Gianfranco Fini dal Popolo della libertà, un conflitto tutto interno a un partito (fra due persone, Fini e Berlusconi) si è trasferito all’esterno, in Parlamento (fra due istituzioni, presidenza della Camera e presidenza del Consiglio). La (nuova) situazione sembra eccitare la società civile, non tanto divisa fra berlusconiani e finiani — la qual cosa sarebbe ancora uno scenario politico — quanto fra berlusconiani e antiberlusconiani, che è la sindrome dell’isteria collettiva di cui soffre il Paese. Da parte del giornalismo liberal — che ama dettare la linea all’opposizione — si suggeriscono a Fini, come presidente della Camera, persino ritmi e modalità per rendere difficile la vita al governo. Si tratta di far fuori il «caimano» e ogni mezzo è lecito. La separazione dei poteri, le garanzie costituzionali, insomma, il liberalismo, sono temporaneamente sospesi da coloro i quali — dopo essersi autoproclamati i soli, autentici e rigorosi custodi della Costituzione e della coscienza civile del Paese — conferiscono all’istituzione che regola i lavori del Parlamento un mandato «politico» che non le compete: far cadere il governo. Non è solo una contraddizione rispetto a quanto sostenuto finora, ma anche e soprattutto, una manifestazione di irresponsabilità. Il giornalismo fiancheggiatore del centrodestra non è da meno: invita il presidente del Consiglio a delegittimare quello della Camera, assegnandogli un ruolo che sarebbe, poi, nei fatti, una sorta di (improbabile) edizione nazionale del caudillismo sudamericano. Anche qui siamo fuori del tutto da ogni prassi giornalistica in una democrazia liberale matura. Non è compito di un giornale tenere in sella o disarcionare un governo e, tanto meno, sobillare conflitti fra istituzioni. Come è nella tradizione del Corriere, mi limito a fornire ai lettori una interpretazione di quanto sta accadendo. Un fantasma si aggira nel Palazzo. È lo spettro di una crisi istituzionale. Pare non preoccupare nessuno, nella realistica, e un po’ cinica, convinzione che, dopo tutto, per dirla con Longanesi «gli italiani sono estremisti per prudenza». Essa fa aleggiare, però, su Pdl e Pd un esito devastante e, sulla stabilità del sistema politico, un risultato surreale: la crisi di rappresentanza sia dei ceti moderati (per implosione del Pdl) sia di quelli di sinistra riformista (per dissoluzione del Pd). Si dice che la «fine della politica», esemplificata dalla fine del bipolarismo, lascerebbe spazio alla nascita di un «Centro», una specie di anacronistica riedizione della vecchia Democrazia cristiana senza la presenza del Partito comunista. Ma il «centro» è un luogo sociale — dove già adesso cercano di convergere elettoralmente parte del Pdl e parte dello stesso Pd — non è un progetto politico. Lo era la «giusta via di mezzo» della politica liberale cavouriana. Ma erano altri tempi e Cavour proprio un’altra cosa. Piero Ostellino] LO SPETTRO DI UNA CRISI ISTITUZIONALE
Il conflitto da evitare

LO SPETTRO DI UNA CRISI ISTITUZIONALE

Il conflitto da evitare

Con l'espulsione di Gianfranco Fini dal Popolo della libertà, un conflitto tutto interno a un partito (fra due persone, Fini e Berlusconi) si è trasferito all'esterno, in Parlamento (fra due istituzioni, presidenza della Camera e presidenza del Consiglio). La (nuova) situazione sembra eccitare la società civile, non tanto divisa fra berlusconiani e finiani — la qual cosa sarebbe ancora uno scenario politico — quanto fra berlusconiani e antiberlusconiani, che è la sindrome dell'isteria collettiva di cui soffre il Paese. Da parte del giornalismo liberal — che ama dettare la linea all'opposizione — si suggeriscono a Fini, come presidente della Camera, persino ritmi e modalità per rendere difficile la vita al governo. Si tratta di far fuori il «caimano» e ogni mezzo è lecito. La separazione dei poteri, le garanzie costituzionali, insomma, il liberalismo, sono temporaneamente sospesi da coloro i quali — dopo essersi autoproclamati i soli, autentici e rigorosi custodi della Costituzione e della coscienza civile del Paese — conferiscono all'istituzione che regola i lavori del Parlamento un mandato «politico» che non le compete: far cadere il governo. Non è solo una contraddizione rispetto a quanto sostenuto finora, ma anche e soprattutto, una manifestazione di irresponsabilità.

Il giornalismo fiancheggiatore del centrodestra non è da meno: invita il presidente del Consiglio a delegittimare quello della Camera, assegnandogli un ruolo che sarebbe, poi, nei fatti, una sorta di (improbabile) edizione nazionale del caudillismo sudamericano. Anche qui siamo fuori del tutto da ogni prassi giornalistica in una democrazia liberale matura. Non è compito di un giornale tenere in sella o disarcionare un governo e, tanto meno, sobillare conflitti fra istituzioni. Come è nella tradizione del Corriere, mi limito a fornire ai lettori una interpretazione di quanto sta accadendo. Un fantasma si aggira nel Palazzo. È lo spettro di una crisi istituzionale. Pare non preoccupare nessuno, nella realistica, e un po' cinica, convinzione che, dopo tutto, per dirla con Longanesi «gli italiani sono estremisti per prudenza». Essa fa aleggiare, però, su Pdl e Pd un esito devastante e, sulla stabilità del sistema politico, un risultato surreale: la crisi di rappresentanza sia dei ceti moderati (per implosione del Pdl) sia di quelli di sinistra riformista (per dissoluzione del Pd).

Si dice che la «fine della politica», esemplificata dalla fine del bipolarismo, lascerebbe spazio alla nascita di un «Centro», una specie di anacronistica riedizione della vecchia Democrazia cristiana senza la presenza del Partito comunista. Ma il «centro» è un luogo sociale — dove già adesso cercano di convergere elettoralmente parte del Pdl e parte dello stesso Pd — non è un progetto politico. Lo era la «giusta via di mezzo» della politica liberale cavouriana. Ma erano altri tempi e Cavour proprio un'altra cosa.

Piero Ostellino

martedì 6 luglio 2010

boicottaggio ad H&M

non c'e' limite alla stolidita' della gramigna.
Boicottare H&M in quanto filoisraeliana....
mah... che persone inutili!

lunedì 24 maggio 2010

soliti compagni

vergognosi

da gazzettino.it

Un minuto. Sessanta secondi possono fare molta differenza. Soprattutto se è il tempo della memoria e del silenzio, tributato ai militari italiani morti la settimana scorsa in Afghanistan. E se quel minuto non viene rispettato per motivi politici. Come è accaduto nel consiglio comunale atestino di mercoledì, quando l’esponente di Rifondazione comunista Gaudenzio Checco Candeo ha deciso di uscire dalla sala per non partecipare alla commemorazione dei due caduti. La decisione ha causato una levata di scudi politica da parte di molti esponenti dei partiti del centro destra.
«Il consigliere e Rifondazione comunista dimostrano con questi metodi - taglia corto l’onorevole leghista Paola Goisis - di essere staccati dal territorio e dai fatti concreti che toccano realmente da vicino le persone. Predicano sempre molto bene e parlano di valori, ma quando arriva il momento di commemorare la morte di due giovani si dissociano e danno vita a queste dimostrazioni».
Senza mezzi termini pure Filippo Ascierto, deputato e coordinatore padovano del Popolo della libertà, che attacca duramente il partito di Candeo. «Purtroppo - spiega il parlamentare - c'è ancora in giro qualche comunista che è fuori dalla storia e che ragiona con categorie vecchie di decenni». «Si tratta di una minoranza di ipocriti e irresponsabili che, con il loro atteggiamento, diventano fiancheggiatori di Al Qaeda e dei Talebani - accusa Ascierto - un atteggiamento che offende quei ragazzi che, con una scelta di vita coraggiosa, hanno deciso di affiancare le popolazioni che da anni soffrono le conseguenze della guerra».
«L’unico ad intervenire in consiglio comunale contro Candeo sono stato io - sottolinea quindi Gianfranco Fornasiero, protagonista di un battibecco con il consigliere di Rc proprio in quel frangente - mi meraviglio che il presidente del consiglio Boris Sartori non abbia preso posizione. La scelta di Candeo è ignobile, una cosa gravissima che va a ledere l’impegno dei nostri militari nelle missioni di pace».
E sulla questione torna anche Gaudenzio Candeo, detto Checco. «Credo fermamente - ribadisce l’esponente di Rc - che gli italiani non possano più fare il gesto ipocrita del minuto di silenzio in queste occasioni. Cercano una soluzione? La soluzione c’è ed è pure a portata di mano, basterà richiamare immediatamente le truppe». Candeo respinge le accuse di cinismo e spiega la distinzione fra dolore politico e dolore privato. «Non stiamo qui tanto a parlare di dolore - dice - quello che provano i famigliari di quei ragazzi non può provarlo proprio nessuno. Né io, né il presidente della Repubblica e neppure i componenti del consiglio comunale di Este, perché non stiamo parlando di dolore, ma di un gesto politico. Ripeto, la soluzione è ritirare subito i nostri soldati, così risolviamo tutto».
(Lunedì 24 Maggio 2010)

mercoledì 21 aprile 2010

mah...

basta che non mi veniate a dire che e' tutto normale...


venerdì 9 aprile 2010

Altri muri


il nostro caro sindaco muratore non perde occasione per dimostrarci quanta poca fantasia possieda.
Sempre le solite, inutili, soluzioni.
Meno male che e' di sinistra, sai senno'.

Link

mercoledì 7 aprile 2010

mercoledì 17 febbraio 2010

zano style

continua, nella pochezza altrui, ad imperversare la figura delicata del nostro sindaco muratore messer zanonato.
Leggo dal "Il Mattino" che zano avrebbe appellato Marin come "professorino" e "fastidiosetto".
Che eleganza, che precisione, che risposta arguta, sul punto, precisa ed esaustiva.
Ma va la'... zano, la tua forza e' la debolezza altrui.

zano style

continua, nella pochezza altrui, ad imperversare la figura delicata del nostro sindaco muratore messer zanonato.
Leggo dal "Il Mattino" che zano avrebbe appellato Marin come "professorino" e "fastidiosetto".
Che eleganza, che precisione, che risposta arguta, sul punto, precisa ed esaustiva.
Ma va la'... zano, la tua forza e' la debolezza altrui.

giovedì 11 febbraio 2010

giorno della memoria

un po' sotto silenzio la tragedia degli inofibati e dei 350000 eslui dalmati e istriani, rinnegati e dimenticati dall'Italia ( e dai "taliani") e dalla storia.

da giornale.it

Nel Giorno del Ricordo il capo dello Stato: "Rinnovare l’impegno di ricordo". Fini: "Ingiusti tentativi di rimozione". Gli ex An: "Troppi silenzi"


Roma - Sulle foibe e sulla tragedia degli italiani in Istria è finito il tempo dell’oblio: ne è convinto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che oggi ha celebrato al Quirinale il Giorno del ricordo. "Siamo qui per rinnovare anche quest’anno l’impegno comune del ricordo, della vicinanza, della solidarietà - ha detto Napolitano - contro l’oblio, contro forme di rimozione diplomatica che hanno pesato in passato e causato tante sofferenze". E il presidente della Camera, Gianfranco Fini, avverte: "E' ancora attuale, serve una memoria storica contro il tentativo di rimozione".

Tra oblio e memoria Il capo dello Stato ha sottolineato che c’è una "piena continuità" tra il suo intervento di oggi e quello degli anni passati quando "ho voluto dire determinate cose, fin dall’inizio del mio settennato, anche di fronte a reazioni spiacevoli e ingiustificate fuori dall’Italia alle mie parole che erano rispettose di tutti". Napolitano ha sottolineato che l’Italia è "con quanti vissero la tragedia della guerra, delle foibe, dell’esodo, siamo accanto a loro e ai loro familiari, accanto alle famiglie delle vittime innocenti di orribili persecuzioni e massacri". Non si tratta solo di parole, ha detto il presidente, "il nostro è un impegno di vicinanza anche per la soluzione dei problemi ancora aperti e sicuramente all’attenzione del Governo nel rapporto con le nuove istituzioni e autorità slovene e croate". "Si tratta - ha concluso Napolitano - di memoria da coltivare tutte in vista del centocinquantenario dell’Italia unita e di un rinnovato impegno a costruire quell’Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata di cui c’è bisogno nel mondo globalizzato di oggi e di domani".

Fini: "Serve una memoria storica" La storia dell’esodo e delle vittime delle foibe è anche la storia di "un ingiusto tentativo di rimozione che non ha tenuto conto delle tante tribolazioni e dei tanti dolori patiti dai trecentomila italiani che furono obbligati all'esilio". Inaugurando a Montecitorio, nel Giorno del Ricordo, l’esposizione Gli Italiani dell’esodo testimonianze di immagini e oggetti, Fini ha spiegato che è "fondamentale promuovere presso i giovani la più ampia e approfondita conoscenza possibile di tutte le pagine del nostro passato, anche e soprattutto di quelle più dolorose, come l'esodo degli italiani e la tragedia delle foibe, affinché la loro formazione di cittadini avvenga nella consapevolezza della memoria storica e della necessità di difendere sempre i diritti dell'uomo, contro ogni violazione dettata dal razzismo, dal totalitarismo". "Purtroppo, come è ampiamente noto - ha sottolineato Fini - attorno a questi esuli non si strinse, o non si strinse a sufficienza, l'abbraccio solidale dell'Italia. Il Paese fu, in molti casi, indifferente, talvolta anche ostile. Tanti esuli dovettero vivere a lungo nei campi profughi, in condizioni precarie e difficili. La loro sofferenza fu oscurata e resa invisibile. E non c'è dubbio che tutto ciò rappresentò un dramma ulteriore. La storia dell`esodo e delle vittime delle foibe è anche questa, è la storia di un ingiusto tentativo di rimozione che non ha tenuto conto delle tante tribolazioni e dei tanti dolori patiti dai trecentomila italiani che furono obbligati all'esilio".

Meloni: "Oscurantismo ideologico" "Non ci sono definizioni, se non quella difficile di oscurantismo ideologico, per spiegare l’atteggiamento tenuto quest’oggi da alcuni istituti scolastici romani, i cui dirigenti si sono rifiutati di celebrare il Giorno del Ricordo. Tacere, nascondere agli studenti la tragedia nazionale delle foibe, equivale a negarla. E ciò vale per le Foibe come per la Shoah e per tutti quei drammi del passato, il cui ricordo non ha il senso della rivalsa, ma della lezione di vita nei confronti dei più giovani". A seguito della decisione dei dirigenti scolastici della scuola elementare Iqbal Masih e del liceo socio-psico-pedagogico Vittorio Gassman di non commemorare il Giorno del Ricordo, il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, ha spiegato che "ancor più grave dell’indifferenza è l’atteggiamento tenuto dall’istituto Gassman, dove all’assordante silenzio si è aggiunto un vero e proprio atto di censura nei confronti di un’iniziativa di commemorazione promossa dagli stessi studenti". "Oggi siamo tutti chiamati a ricordare una pagina drammatica della storia d’Italia, a fare i conti con una ferita evidentemente ancora aperta nella coscienza nazionale - ha concluso la Meloni - la scuola non può barattare il suo dovere educativo in nome di una malcelata militanza politica, perchè così tradisce la sua missione sociale, e chi non comprende questo è inadeguato a ricoprire ruoli di responsabilità".